Grazie …

A chi continua a gridare al complotto, in particolare sui social, dove ancora si continua a leggere di tutto e di più sull’inesistenza del covid.

A chi, per un anno, non ha potuto rinunciare alla vacanza sia in Italia che all’estero rientrando positivo. In particolare ringraziano i familiari ora in quarantena o contagiati.

A quei politici che, noncuranti della salute pubblica, continuano a dire “La mascherina non serve. Il covid non esiste”. Spero che, se non il virus, almeno le prossime elezioni vi spazzino via, comunque grazie anche a voi.

Grazie a chi non ne vuol sapere di evitare gli assembramenti e non si cura di usare la mascherina o la distanza sociale: aperitivi, balli, passeggio in vie affollatissime. In particolare vi ringraziano anche coloro che lottano contro il virus, gli angeli, li ricordate? Oltre vedersi tagliare le ferie, perchè negli ospedali lo stato di emergenza non è mai finito, mentre noi ci lamentiamo del caldo, continuano a lavorare coperti di tutto punto, ma solo perchè si sentono fighi, non per il covid perchè pare che non esista.

Anche oggi 481 nuovi positivi, che si aggiungono a quelli di ieri, dell’altro ieri, dell’altro ieri ancora. Facendo 2 conti con i dati del Corriere della Sera, dal primo agosto ad oggi siamo a 3.881 contagiati in più in 13 giorni, ma il Covid non esiste ed anche questi ultimi dati fanno parte del complotto.

Quasi comincio a sperarci in questo complotto, accetterei più volentieri sapere di essere stata raggirata piuttosto che sapere gli ospedali di nuovo pieni.

Viva l’Italia … dove il “rispetto”è un optional

Bellissima ieri la mia città, anzi bellissima sempre, ma ieri quel passaggio delle freccie tricolori l’ha resa emozionante.

Lodevole l’iniziativa di voler lanciare un segnale di speranza all’Italia intera pennellando i cieli delle città con i colori della nostra bandiera considerando anche l’imminenza della festa del 2 giugno. Faccio uno sforzo e taccio su costi, crisi economica, speranza in altri messaggi, ecc, ecc.

Non riesco però a tacere su quanto sia stato meno bello lo spettacolo, rimandato dalle foto o video, dell’assembramento che si è formato a causa dell’afflusso di persone nel nostro, non grande, centro storico che ha scatenato anche una discreta polemica. Non riesco ad imputare la responsabilità di tale assembramento al sindaco, non è sua l’iniziativa di far passare le frecce nel nostro cielo e non poteva nemmeno sprangare le porte delle case e non far uscire nessuno, se proprio vogliamo trovare un capro espiatorio, l’iniziativa è del governo che però, non mi sento di condannare più di tanto. Per come la vedo io la maggiore responsabilità sta nell’ignoranza delle persone, nella grande ignoranza che hanno di ignorare le regole e nella poca conoscenza della parola “rispetto”.

“Erano ad un metro di distanza, c’erano i vigili del fuoco a controllare e basta di star sempre a giudicare” ho letto nei social. Non lo so se erano ad un metro, due o tre di distanza e ammetto che le foto possono essere ingannatrici, ma erano tanti per una città come la mia, dove, oltretutto, non più tardi di 3 giorni fa il sindaco si è visto costretto a decretare la chiusura alle 21 di tutti bar, pub, e locali simili, a causa dell’ assembramento formatosi nel weekend e di una rissa tra giovani, le cui immagini hanno fatto il giro d’italia come le frecce tricolore, che si è svolta in pieno centro nel bel mezzo dell’assembramento, con un ferito trasportato in ospedale e risultato anche positivo al virus.

Il lockdown è terminato, la fase 1 uno anche, sta per ferminare la fase 2, ma, se andiamo avanti così, inizierà la fase 3? Vorrei non giudicare, ma le regole sono le regole e vanno rispettate se non per noi stessi, almeno per gli altri. Inoltre, di tutti quegli “angeli” tanto osannati e venerati nel lockdown ci siamo già dimenticati? Gli dobbiamo rispetto perché sono sempre li, sotto alle loro armature che non possono togliere perché per loro è ancora emergenza, a sperare di non ritornare ai numeri dei giorni passati ed allo stress che hanno vissuto.

Il passaggio delle frecce l’ho guardato dal mio terrazzo, assembrata con mio figlio ed il mio pelosetto, ma è stato emozionante lo stesso.

Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.
(Dalai Lama)

Mese prima degli esami

“La vita di tutti trascorre nell’essere respinti o promossi agli esami. La Società è una vasta cerimonia di premiazione.”
(Jean Paulhan)

Ieri sera, sonnecchiando, ho seguito la conferenza stampa del premier Conte, e tra uno sbadiglio e l’altro, ma solo perché ero molto stanca, ho intuito che saranno elargiti soldi come se piovesse, non ho ben capito dove saranno recuperati, ma va bene così. Mi è sembrato di non aver sentito granché sui prossimi esami di stato, ma come già detto un po’ dormivo e un po’ seguivo, ho solo captato la frase che saranno stanziati fondi per la scuola, affinché a settembre possa ripartire nel migliore dei modi e fondi per l’esame di stato che, a quanto capito, sarà in presenza.

Avendo un figlio, l’ultimo dei tre, che si accinge ad affrontare il prossimo esame di stato, finalmente chiuderemo anche il ciclo superiori, sono giorni che mi sto chiedendo (per la verità anni, ma ultimamente il pensiero è più presente) se è così importante quest’anno far sostenere a questi ragazzi l’esame di stato. Esame che tra l’altro già prima della comparsa del virus, mi sembrava piuttosto assurdo nel come era stato concepito, ma questa è un’altra storia.

Non si può fare che per un anno, in cui nessuno di noi ha scelto che arrivasse una pandemia, che ci fosse un lockdown, anno in cui la crisi si sta facendo sentire come non mai e certamente aumenteranno povertà, disoccupazione e, purtroppo, suicidi nel nostro paese, un anno che, probabilmente, ricorderemo come l’anno horribilis della nostra vita, si toglie di mezzo l’esame di stato? Si eviterà così di investire ulteriori risorse economiche affinchè si possa svolgere in presenza e magari anche queste risorse si fanno confluire negli investimenti per una ripartenza migliore a settembre.

Non penso che arrivati al quinto anno, gli insegnati non abbiano abbastanza elementi per esprimere un giudizio o un voto sui loro studenti senza sottoporli ad esame, anche perchè, a mio avviso il voto non dovrebbe essere altro che il frutto raccolto dopo 5 anni di impegno e non dei soli 3 o 4 giorni di esame, nel caso di quest’anno di un’ora di colloquio, che, assurdamente, vanno ad incidere molto più sul voto finale di tutto il trascorso scolastico.

Penso non sia un caso che diverse università private per l’ammissione ai test selettivi chiedano i voti delle varie materie e non il voto della maturità, addirittura i ragazzi possono partecipare ai test già dal quarto anno di scuola superiore dimostrando di avere delle buone medie dei voti del terzo anno e del quarto anno, cosa, a mio avviso, molto più ragionevole. Lo so nelle università pubbliche non è così, ma per un anno non potrebbero, magari con un ulteriore Dpcm, adeguarsi come tutti noi che quest’anno ci siamo adeguati a tutto?

Ora linciatemi pure, perchè l’esame è importante, il voto finale è importante, ma io continuo a credere in ciò che mi diceva sempre mio papà …”i voti sarà la vita a darteli!

E la quarantena va scemando …

La vita detta agli uomini le sue regole, che non sono scritte da nessuna parte.”
(Mikhaïl Cholokhov)

tutti in ansia di tornare fuori, tranne la sottoscritta.

Tutti sull’uscio in attesa che la bandierina si sollevi e dia il via alla tanto agognata libertà.

In realtà nella mia città la libertà se la sono concessa da oggi, tante persone a camminare, tanti a correre, probabilmente pensando, ognuno, di essere l’unico/a “perchè siamo ancora in quarantena” e … l’assembramento è servito, chissà lunedì cosa ci aspetterà?

Capisco l’esigenza di ognuno di respirare aria nuova, di uscire dalla routine di una quarantena che non ci siamo cercati, capisco tutto, ma perdonatemi se meglio di tutto capisco lo sfogo di una sorella che amo come me stessa.

Lei è un medico di P.S., uno di quegli angeli che tutti abbiamo imparato ad amare in questi ultimi mesi, anche se, fino a qualche mese fa, portare in prima pagina qualche loro “errore presunto o no” era lo sport preferito di tanti.

Vi racconto la sua vita negli ultimi 2 mesi. Mentre noi tutti, me compresa, in quarantena siamo stati in casa trastullandoci tra libri, tv, figlioli, giardini, chiacchiere con gli amici via web, momenti di sclero o quant’altro siamo riusciti a fare nell’ambito dello spazio di tempo e voglia che avevamo, con l’abbigliamento più di nostro gradimento, per lei non è stato così.

Lei ha vissuto, e tutt’ora vive, due mesi di paura, due mesi in cui ogni paziente poteva essere quello che, al minimo sbaglio, le avrebbe trasmesso il virus, che lei avrebbe potuto ritrasmettere ad altri; due mesi di turni massacranti, in cui sapeva quando il suo turno iniziava e non quando finiva, due mesi in cui non ha mai tolto la mascherina e ancora non la toglie; due mesi in cui la maggior parte delle ore le ha passate in ospedale in abbigliamento da ghostbuster, nemmeno la possibilità di una pausa per poter respirare anche un minuto senza tutto l’ambaradan; due mesi lontana dai suoi figli oppure, le poche volte più vicina, con mascherina e tutte le accortezze possibili, niente abbracci, baci, coccole.

Due mesi lontana da me nonostante abitiamo porta a porta, ma il rispetto di tutti noi è stata la sua scelta in questo periodo e, anche se i vari tamponi a cui è stata sottoposta son sempre stati negativi, lei non ha mai abbassato la guardia.

Ieri in una delle nostre chiacchierate telefoniche mi ha detto di essere stanca, di essere stanca ogni volta di dover stare rinchiusa in tutti quegli abiti, di essere stanca di dover dire a chiunque di fare attenzione perchè il virus esiste ed è pericoloso, “ho visto persone, giovani e non, arrivare e dover essere intubare subito e mandate in rianimazione, mi dispiace perchè non so nemmeno chi ce l’ha fatta e chi no. Se penso che ora torneranno tutti per strada e non so quanti rispetteranno le distanze, prenderanno le dovute precauzioni, mi viene solo da incazzarmi perchè sono due mesi che faccio una vita da inferno e questi sanno solo lamentarsi di non poter più stare in casa. Spero solo che non tornino a riempire il P.S.”

Lo spero anche io e per questo, non avendo un lavoro dove correre, e per rispetto di tutti questi angeli, continuerò a stare a casa, a guardarmi i tramonti dal mio balcone, a leggermi i miei libri, a scrivere qualche pensiero qua e la, a preparare qualche dolce per la mia famiglia e la sua, in attesa che sia mia sorella a dirmi “vai, siamo tutti più tranquilli”

Tra “congiunti” e “congiuntivi” …

la mia vita è diventata un vero incubo.

“I congiunti sono un po’ come i congiuntivi o ce l’hai o non ce l’hai”
(awkmen, Twitter)

Fino a 4 giorni fa per confondermi le idee bastavano i congiuntivi. Non sono il mio punto forte, debbo leggere, rileggere e straleggere per capire se il discorso fila e, spesso, non basta, perchè nella mia testa fila, ma nella testa altrui diventa un quesito alla Marzullo. Se riesco ad usare con facilità proporzioni, frazioni, radici quadrate e funzioni anche in cucina, la stessa facilità non ce l’ho con i congiuntivi. Sicuramente, in parte, è colpa del mio scrivere di getto, del mio pensare 1000 cose insieme, ed in parte, forse, del mio maestro delle elementari che mi ha fatta appassionare ai numeri più che alle lettere, passione andata avanti per buona parte della mia vita e pian piano sfumata per lasciare il posto ad altro.

Quindi non vi dico che lavoro snervante è, per me, star dietro ai signori “congiuntivi”, li sogno di notte, mentre stiro, cucino, anche mentre leggo un libro riescono ad insinuarsi nei miei pensieri.

Potevano bastare i soli congiuntivi a confondermi le idee? No!

Grazie al nostro Presidente e ai suoi DPCM, ora, si sono aggiunti i “congiunti”.

Se, 4 giorni fa, mi avessero chiesto “I tuoi congiunti stanno bene?” sicuramente, dopo aver pensato “si meglio dei miei congiuntivi”, il pensiero sarebbe andato a mio marito, i miei figli, i miei genitori, mia sorella “si grazie, ognuno a modo loro, ma tutti bene”. Fino a 4 giorni fa, per me i congiunti erano loro, adesso, leggendo in qua ed in là, ascoltando anche qualche giornalista in TV, mi sono venuti dubbi anche sui congiunti e continuo a chiedermi “chi sono? Dove vivono? Che fanno?”

Non che sia così importante saperlo, io resto a casa lo stesso, ma vorrei solo la certezza di non essere stata l’unica, fino a domenica scorsa, che si sbagliava sui congiunti e pure sui congiuntivi, ammesso che mi sbagliavo.

#iorestoacasaesperoancheicongiunti

Si dia via allo scontro …

Non nei numeri ma nell’unità sta la nostra grande forza.
(Thomas Paine)

Siamo sempre i soliti italiani, l’arte di tirare l’acqua al proprio mulino fa parte, purtroppo, di tutte le altre arti per cui siamo conosciuti nel mondo: pittura, scultura, scrittura, musica ecc, ecc.

In questi giorni ho seguito, ma non troppo, la polemica De Luca-Fontana governatori in questa Italia unita, ma solo sulla carta.
Come è ovvio che sia la polemica non resta confinata ai due soggetti, no. C’è subito chi se ne appropria utilizzandola come scusa per dare sfogo ad atavici rancori, odi e recriminazioni che caratterizzano il nostro paese dal minuto successivo allo “storico incontro a Teano”.

E lo scontro Nord vs Sud o Sud vs Nord, come preferite, riprende vita soprattutto nei social, la guerra al virus non è più la guerra di tutti, ma la guerra di chi ha avuto il governatore più o meno bravo a gestirla e che sia stato il virus a gestire il tutto ormai non conta più, la pietas verso i numerosi morti, i contagiati, i colpiti in vario modo sfuma davanti all’esigenza di sentirsi i più bravi, i migliori. Osservo e mi chiedo “Come possiamo pretendere solidarietà dall’Europa se non riusciamo ad essere solidali nel nostro piccolo paese?”

#restiamounitimanontroppo