Cena di classe …

ed è subito ansia.

Una vita, decisamente una vita che non vedo e sento i  compagni della mia classe al liceo. Ci  salutammo una mattina di inizio luglio davanti ai quadri, esposti nell’androne della scuola,  commentando i voti della maturità e non ci siamo più ritrovati. Quel giorno le nostre strade si divisero per sempre ed ognuno di noi si avviò ad inseguire i suoi  sogni. Non siamo mai stati una classe particolarmente unita, quindi non cercarsi più, in tutti questi anni, è stato naturale. Di alcuni di loro mi sono anche dimenticata nomi e volti, anche la mia compagna di banco, di tutti e cinque gli anni, è svanita nel nulla, non l’ho mai incontrata nemmeno per caso.

Poi, un pomeriggio all’improvviso, mi ritrovo in un gruppo Whatsapp ed eccoli che riappaiono tutti, come se non fosse passato nemmeno un giorno.
Vogliono organizzare una cena di classe. Scrivono, scrivono di ricordi, momenti che abbiamo vissuto, parlano tra loro come se fossero ancora in classe, mi sento un pesce fuor d’acqua.
Non ricordo nulla o quasi nulla, per tanti motivi, benchè il liceo mi sia piaciuto molto, ho rimosso quegli anni, non li ho mai ritenuti  il  periodo più interessante della mia vita.

Ho imbarazzo a scrivere nella chat della “mitica sezione” e non posso non chiedermi cosa avesse di mitico.  Mi sento lontana da loro, ero timida allora e mi ritrovo, almeno con loro, timida anche oggi.
Non so cosa hanno fatto in tutti questi anni, non conosco i loro traguardi, non so se hanno dei figli, dei mariti, delle mogli, non so se ho voglia di rivederli, di passare una serata con loro, di raccontargli di me. Forse è la paura di confrontarmi con la me di allora, sono in ansia. No, non so se parteciperò alla cena, che senso può avere dopo tutti questi anni?

Arriverà la fine ma non sarà la fine, sarà un gruppo WhatsApp degli ex compagni di scuola.
(dudek_kvar, Twitter)

Allora?

presumo che si possa anche celebrare un matrimonio, a fine giugno, con 150 invitati tutti ben distanziati senza che nessuno venga a rompere gli zebedei?

Non sarebbe giusto e sacrosanto che a tutte le coppie che stanno rimandando le nozze, alcune per il secondo anno di seguito, a causa del Covid sia concesso di festeggiare come meglio credono?

No, non lo è e, secondo le linee guida stilate dalle regioni, perché il Governo non si è pronunciato su eventuali riaperture per le cerimonie, sono molteplici gli aspetti di cui dovranno tenere conto se volessero organizzare una cerimonia … distanziamento, guardaroba, servizio ai tavoli …

mantenere l’elenco dei partecipanti per un periodo di 14 giorni; di riorganizzare gli spazi, per garantire l’accesso alla sede dell’evento in modo ordinato, al fine di evitare assembramenti di persone e di assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra gli utenti, sarebbe meglio “organizzare percorsi separati per l’entrata e per l’uscita.
Disporre i tavoli in modo da assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti di tavoli diversi negli ambienti al chiuso (estendibile ad almeno 2 metri in base allo scenario epidemiologico di rischio) e di almeno 1 metro di separazione negli ambienti all’aperto (giardini, terrazze, ecc), ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggetti al distanziamento interpersonale”, come i conviventi. Tali distanze possono essere ridotte solo con barriere fisiche di separazione. Laddove possibile bisogna “privilegiare l’utilizzo degli spazi esterni (es. giardini, terrazze), sempre nel rispetto del distanziamento di almeno 1 metro”.
Gli ospiti, dovranno indossare la mascherina negli ambienti interni (quando non sono seduti al tavolo) e negli ambienti esterni (qualora non sia possibile rispettare la distanza di almeno 1 metro). Il personale di servizio a contatto con gli ospiti deve “utilizzare la mascherina e deve procedere ad una frequente igiene delle mani con prodotti igienizzanti”. Inoltre, è possibile organizzare una modalità a buffet mediante somministrazione da parte di personale incaricato, escludendo la possibilità per gli ospiti di toccare quanto esposto e prevedendo in ogni caso, per ospiti e personale, l’obbligo del mantenimento della distanza e l’obbligo dell’utilizzo della mascherina a protezione delle vie respiratorie.
La modalità self-service può essere eventualmente consentita per buffet realizzati esclusivamente con prodotti confezionati in monodose. In particolare, la distribuzione degli alimenti dovrà avvenire con modalità organizzative che evitino la formazione di assembramenti anche attraverso una riorganizzazione degli spazi in relazione alla dimensione dei locali e dovranno essere valutate idonee misure (es. segnaletica a terra, barriere, ecc.) per garantire il distanziamento interpersonale di almeno un metro durante la fila per l’accesso al buffet.
Per eventuali esibizioni musicali da parte di professionisti, si rimanda alle indicazioni contenute nella scheda specifica e in ogni caso devono essere evitate attività e occasioni di aggregazione che non consentano il mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1 metro. È “obbligatorio” mantenere aperte, a meno che le condizioni meteorologiche o altre situazioni di necessità non lo consentano, “porte, finestre e vetrate al fine di favorire il ricambio d’aria naturale negli ambienti interni”. “In ragione dell’affollamento e del tempo di permanenza degli occupanti dovrà essere verificata l’efficacia degli impianti al fine di garantire l’adeguatezza delle portate di aria esterna secondo le normative vigenti”. Nei guardaroba gli indumenti e oggetti personali “devono essere riposti in appositi sacchetti porta abiti”

Tutte regole giuste ed è doveroso che ci siano, ma forse per gli aspiranti sposi meglio rimandare le nozze, che se per caso ne sgarrano una saranno costretti a prendere un mutuo per pagare la multa o magari vendersi la casa appena comprata, sempre che l’abbiano comprato, cosa non facile in questi tempi.

Inoltre, c’è la possibilità di mettere in difficoltà gli invitati, specialmente i più anziani, perché non tutti sono così convinti, considerata la situazione, di partecipare ad un matrimonio. Non sono pochi coloro che dicono “Certo con questo virus” “Aspettiamo e vediamo come andrà” “Un pò di paura c’è” ed una di queste persone sono proprio io. Purtroppo non sono interista, ne romanista, ne juventina (anche se il problema non è la squadra ma il contesto) e ho una paura fottuta di questo virus, specialmente dopo che ieri un mio conoscente di 50 anni, sano come un pesce, è finito in terapia intensiva.

Mio figlio ha rimandato, purtroppo ci sarà un aumento dei costi, ma “Fanculo ai soldi” dice lui “mi sposo una volta sola” – “sperem” penso io – “e voglio una festa che sia una festa e non un funerale”. Come dargli torto?

Massì fanculo ai soldi (anche se sinceramente il culo mi gira un pò) ma VIVA L’INTER tutta la vita … del resto, non sono esperta di calcio, anche lo scudetto mi pare si vinca una volta sola o no?


 

Storia di “EL”

Faccio una breve premessa. Il racconto che segue e il precedente della mia socia, L’evento, nascono da un esercizio che ci chiedeva di giocare con le lettere e i numeri di una targa: usare le lettere per il nome di un personaggio, i numeri per l’età, il colore per stabilire il sesso, nel nostro caso donna, e, quindi, inventare una storia.

La mia socia ha preso l’esercizio seriamente, io ho cazzeggiato, ma ultimamente ho bisogno di essere poco seria.

Storia di “EL”

EL, è così che la chiamano tutti da quando è nata ed anche se il suo nome è Esmeralda Lombardozzi lei preferisce di gran lunga essere EL. Veloce, immediato, diretto, perché un conto è dire “Piacere sono EL”, altra cosa dire “Piacere sono Esmeralda Lombardozzi”.  Da piccola, in particolare, odiava dirlo tutto per intero tanto che alla fine doveva sempre riprendere fiato per la fatica nel pronunciarlo. Inoltre, prima di essere Esmeralda, era stata Meradda, Emmeradda, Smeradda e c’erano voluti milioni di tentativi per diventare E s m e r a l d a, mentre essere EL era stato semplicissimo ed anche ora, ormai grande, continuava ad evitare il più possibile “Esmeralda Lombardozzi”.

È una buffa storia del perché la chiamino EL. È sicuramente vero che EL sono le iniziali del suo nome e cognome, ma ciò successe per una serie di strane coincidenze che diedero vita ad una vicenda tragicomica che coinvolse suo padre, Emilio Lombardozzi, il giorno in cui accompagnò sua moglie, in preda alle doglie, in ospedale per partorire.

I due non arrivarono in tempo ed Esmeralda nacque al semaforo di un incrocio tre isolati prima dell’ospedale, in mezzo al traffico ed ai clacson strombazzanti, con un’auto straniera, con la sigla EL nella targa, ferma davanti a loro che bloccava tutto. La signora alla guida aveva terminato la benzina.

A nulla erano valsi i tentativi poco pacifici di papà Lombardozzi di far capire alla signora che aveva fretta e che l’auto in qualche modo andava spostata. Oltre non capire, non voler scendere e nemmeno voler aprire la portiera, alle urla del sig. Lombardozzi “EL42 spostati mia figlia sta per nascereee!!!”, lei spaventata rispondeva soltanto “Police! Police!”

Con quell’auto piantata li, che non andava né avanti né indietro, bloccato nell’ingorgo del semaforo, con la signora Lombardozzi che urlava di non farcela più e che la bambina stava per nascere, Emilio Lombardozzi, che continuava a gridare “EL accidenti spostati, EL ma che fai togliti dal cazzo!”, divenne padre. Un vagito, insieme alle grida della signora Lombardozzi “EL brutta imbecille resta pure dove sei … è nataaaa!”, glielo annunciarono e, dopo aver replicato “E’ nata?” – mentre guardava quella bimba minuscola adagiata sul tappetino dell’auto tutta sporca e con il cordone ancora attaccato alla mamma – iniziò a ripetere quello che diventò il mantra che da ben 42 anni ripeteva ad ogni successo di EL “EL è fatta!”, per fortuna EL era una salutista, non beveva e non fumava, perciò nessuno aveva motivo di fraintendere il mantra del papà.

Si, era fatta! La bimba era nata, furono gli operatori dell’ambulanza accorsa sul posto a tagliarle il cordone ombelicale, sollevarla, avvolgerla con un lenzuolino, soccorrere la mamma e portarle entrambe in ospedale, mentre il papà ancora sotto choc continuava a dire “EL è fatta!”

Fu il papà a scegliere Esmeralda quando gli fu chiesto che nome volevano darle. Era sicuro che quel batuffolino rossiccio come la mamma, da grande, avrebbe avuto anche gli occhi verdi come la mamma, verdi come uno smeraldo, ma si sbagliò di grosso, gli occhi si rivelarono castani. Non poteva, inoltre, dimenticare la coincidenza delle lettere sulla targa dell’auto ferma davanti alla loro “EL” “Emilio Lombardozzi” “Esmeralda Lombardozzi”. No, non si poteva non tenerne conto. Suo papà e sua mamma credevano molto alle coincidenze, al destino e riuscivano a trovare un senso anche alle casualità più strane, mentre lei diceva di essere EL a causa di un pieno di benzina mancato.

Cosa era passato per la testa dei suoi genitori per scegliere quel nome? Se doveva essere un nome che iniziava per E ce n’erano sicuramente di più semplici: Elena, Edera, Elisa … ecco avrebbe voluto essere Elisa, Elisa Lombardozzi … più semplice, elegante anche se con quel cognome trovare l’eleganza non era facile e poi conosceva un’Elisa molto carina e dolce; si avrebbe proprio voluto essere Elisa. Insomma Esmeralda è un nome impegnativo e le sembrava stonato ed anche troppo lungo vicino a Lombardozzi ed inoltre, a dirla proprio tutta, pensando alla triste sorte dell’Esmeralda di Victor Hugo, le veniva da pensare che portasse anche un po’ sfiga. Dio come odiava questa cosa di dare un nome ai figli senza tenere conto del cognome, non che dovessero fare coppia nome e cognome, non avrebbe mai chiamato una figlia Rosa se il cognome fosse stato Chiappa, ma un po’ di armonia tra loro doveva esserci.

È il giorno in cui il marito, Enrico Taddei, la sta accompagnando in ospedale per dare alla luce il loro primo figlio, quello in cui EL, dopo aver notato, proprio davanti a loro, un’auto con la targa che inizia con ET84, ripensa alla storia della sua nascita come, tante volte, le è stata raccontata. Sorridendo pensa a quanto sa essere bizzarra la vita, ma nemmeno la più strana delle coincidenze potrà mai convincerla a dare a suo figlio i nomi Eugenio, o Ettore, o Ernesto, o qualsiasi altro con la E, è inimmaginabile una vita da ET!

Le lettere del proprio nome hanno una terribile magia, come se il mondo fosse composto di esse. Sarebbe pensabile un mondo senza nomi?

(Elias Canetti)

N.b.: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale, il tutto è frutto della mia immaginazione.

Colori

Giallo, arancio, rosso … e arancio scuro … e rosso … e di nuovo arancio e poi giallo  e poi rosso e …

E potrei perdermi dietro a tutto ciò …

E non mi interessa sapere se il momento è giallo, arancio o rosso, poco cambia dall’uno all’altro.

Mi interessa solo non dimenticare quante sfumature di colori esistono ancora con cui dipingere le nostre vite.

Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade cercando i colori.
(Cesare Pavese)

Sincronizziamoci!

“Sincronizziamo i cuori sullo stesso bpm
Silenzia il cellulare che non ti serve a niente
A meno che non ti serva fare una fotografia
Di noi che ci abbracciamo forte e poi decolliamo via”

canta il mitico Jova in Sabato. Cosa c’è di più bello quando si ama che sincronizzare i cuori sullo stesso battito? Nulla, purché oltre al battito non si sincronizzi altro. Già il battito dice molto di noi all’altro e non è affatto necessario rivelarsi troppo, lasciamo sempre un leggero alone di mistero che possa alimentare il desiderio di conoscersi sempre più, insomma riveliamoci un pò per volta, almeno non finisce subito (pessimismo da esperienze indirette).

Ma non deve aver considerato l’alone di mistero quel giovane che ha pensato di sincronizzare il suo Fitbit (orologio per sportivi che rileva tutti i tipi di performance, ma proprio tutti) con quello della sua ragazza. Sicuramente, dopo aver sincronizzato il bpm sulle frequenze accelerate, deve aver creduto che sincronizzare il Fitbit fosse doveroso, ma mai Fitbit fu più malandrino o subdolo.

Succede che una mattina, dopo che il giovane ha passato la serata fuori con gli amici, la dolce ragazza decide di preparargli la colazione, ma mentre è intenta a fare ciò si consuma la tragedia.

Arriva sul suo Fitbit una notifica “Congratulazioni! Il tuo ragazzo dalle 2 alle 3 ha fatto sesso con un’altra o altro”, no in realtà la notifica non dice questo, ma si congratula con il ragazzo per aver consumato, tra le due e le tre di notte, ben 500 calorie. Se, però, dalle due alle tre di notte non sei ancora tornato a casa e in quel lasso di tempo hai anche consumato 500 calorie ci sta che lei abbia letto “Ha fatto sesso”. Sta di fatto che la ragazza ha concluso la storia scrivendo “I shoved that breakfast where the sun doesn’t shine” (per la traduzione organizzatevi, si parla di parti intime e certe cose non le scrivo, in italiano ovviamente)

Ma io sono buona e ho quindi deciso di fare un ricerca per capire cosa avrebbe potuto fare il giovane dalle due alle tre di notte per consumare ben 500 calorie che non fosse “fare sesso”, perché non sempre la conclusione più ovvia è anche quella giusta.

Ed ecco qua, 500 calorie in sessanta minuti per:

  • Una corsa leggera a circa 8 km/h; gli si è rotta l’auto ed è tornato a casa correndo ma con molta calma … forzando un pò ci può stare si.
  • Nuotare ad un’andatura tranquilla; alle 2 di notte?no poco probabile, a meno che non sia un nuotatore professionista super fissato.
  • Un giro in bicicletta con un’andatura moderata; le città di notte sono belle e perchè no un bel giro in bici? … I approve
  • Salire e scendere le scale senza fermarsi; è sempre un su e giù, ma fatto in maniera diversa … uhm, più probabile l’altro su e giù.
  • Partita a beach volley in spiaggia; con gli amici di notte? Troppo buio per vedere dove finisce la palla … not approved
  • Pattinare sul ghiaccio o con i pattini a rotelle; se fossimo a New York un giro sulla pista di Central Park … sarebbe figooo! Approved o not approved that is the question
  • Un ballo scatenato; dalle 2 alle 3 di notte … possibile.
  • Navigare in canoa; (solo a titolo informativo: non è lo stesso per la navigazione in internet che richiede circa cinque o sette ore per bruciare 500 calorie) … da escludere sempre troppo buio!
  • Rassettare casa e se poi mentre rassetti ascolti la musica e balli con la scopa le calorie consumate aumentano; attività poco notturna e non fattibile fuori casa … bocciata.

Insomma secondo voi cosa potrebbe aver fatto il tipo in quei sessanta minuti? Voi come avreste giustificato quel dispendio di calorie?

Non so voi, ma io non ne ho idea, so, però, con certezza che sincronizzarmi non è per me, non perché abbia qualcosa da nascondere, ma perché non vorrei dovermi chiedere cosa nascondono gli altri … so che poi non mi limiterei ad una colazione nel …

Vi saluto la scopa mi ha appena chiesto un ballo, non posso sottrarmi, 500 calorie non sono da buttar via, anzi si sono proprio da buttar via … buon proseguimento a tutti!

Robin Williams in Mrs. Doubtfire

p.s.: la notizia è facilmente reperibile in rete

Tutta colpa di Shakespeare

dammi tre parole: bacio, luna, tempo suggerite da raccontidialiantis

“Se per baciarti dovessi poi andare all’inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci. (Shakespeare)” “Anche non fosse di Shakespeare, ma di qualc’un altro potrebbe, comunque, avere ragione” pensa Giulia continuando a fissare il telefono “Deprimente che alla mia età, quasi trent’anni, non abbia mai baciato qualcuno da poter dire di aver visto il paradiso”

Ne ha dati di baci Giulia, non è più una ragazzina ed ha avuto le sue storie, ma è convinta di non aver mai dato quello giusto, quello che ispirerebbe la più bella delle poesie o la frase di cui tutti si vorrebbero appropriare per dire “Si è così! Lo posso confermare e non avrei saputo descriverlo meglio” Sicuramente non sarà lei a scriverla e dovrà continuare, tramite i racconti di altri ad immaginare le sensazioni che il bacio giusto, nel momento giusto, ma soprattutto con la persona giusta possa dare, nemmeno nei sogni le è mai capitato.

Chiude il telefono stanca di scorrere le numerose citazioni, frasi e aforismi che popolano i profili social dei suoi amici e si alza dal divano per andare verso la libreria, da uno sguardo veloce ai titoli dei libri, ma non trova quello che le dice “Leggi me! leggi me!”

“Non è giornata, sono troppo distratta, confusa, stanca, annoiata” pensa mentre prende il cappotto dall’appendiabiti nel corridoio, lo indossa ed esce a fare una passeggiata.

“Forse incontro Saverio e facciamo due chiacchiere è un pò che non lo sento” si dice mentre varca il portone del palazzo per trovarsi subito in strada con il pensiero fermo su Saverio, l’altro suo punto debole e si avvia in direzione dei giardini pubblici poco distanti.

La luce sta cambiando, il sole saluta quel giorno tingendo il cielo di molteplici sfumature arancio, rosa, giallo, blu da renderlo incantato. Con lo sguardo in su, senza riuscire a distogliere l’attenzione da quei colori, si addentra nei giardini. Il crepuscolo della sera e quello del mattino, quando il sole gioca a fare il pittore, sono i momenti della giornata che preferisce.

“Bello spettacolo vero?” esclama qualcuno avvicinandosi “Saverio! Sei qui!” esclama Giulia, riconoscendo la voce e continua “Speravo di incontrarti” “Lo sapevo, come so che è il tuo momento preferito per camminare, per cui eccomi!” le risponde abbracciandola “Ok sul mio momento preferito, ma non potevi sapere che speravo d’incontrarti” replica Giulia ridendo e rispondendo all’abbraccio “In effetti no o forse sì o forse è quello che speravo io” continua lui senza, però, liberarla dall’abbraccio “Ho voglia di chiacchierare un po’ con te” gli risponde lei restando tra le sue braccia.

Ogni volta che lui l’abbraccia Giulia sta bene in quell’abbraccio, si sente viva, al sicuro, quasi a casa e vorrebbe che non finisse mai, ma non capita spesso che lui lo faccia.

“Vuoi parlare di qualcosa in particolare o parler pour parler?” chiede Saverio sfoggiando una della poche frasi di francese che conosce e mettendo un’eccessiva enfasi sulla erra “Mais oui mon ami qualche chiacchiera tra amici” cinguetta Giulia “Bien mia cara, scegli un argomento, sono a tua disposizione” “Scegli un argomento? Come stai? Che hai fatto? Sei felice? Non possono andare per cominciare?” e ride “Hai ragione!” Saverio pensa un attimo “Se sei felice, è di questo che vuoi parlare” “Si” gli risponde Giulia avvicinandosi un pò più a lui “Allora dimmi luce dei miei occhi, sei felice?”

“Luce dei miei occhi … e questa da dove esce?” dice Giulia ridendo divertita “Perdonami mi è uscita così, lo so è ridicola” “Ma no dai è divertente” “Ok! ok! Non vuoi farmi sentire un idiota e per questo ti adoro” dopo una pausa, serio le chiede “Sei felice Giulia?” “Non lo so, forse sì, forse no. Ho un lavoro, una casa tutta mia, posso andare in vacanza dove voglio, eppure sento che mi manca qualcosa, mi sento incompleta o forse non abbastanza viva o forse, bo non saprei proprio. Comunque se oggi sto così è tutta colpa di Shakespeare” “Shakespeare?!” chiede Saverio sorpreso “È venuto a trovarti? Ti ha offesa o importunata? Dimmi subito che vado a cercarlo e gliene dico quattro” lei scoppia a ridere “No non mi ha importunata, mi ha solo fatto riflettere sulla mia vita amorosa” Saverio la guarda cercando di leggere qualcosa in più nei suoi occhi e le chiede “Forse la tua vita amorosa ha qualcosa che non va come la mia?” “Cosa ha la tua che non va?” domanda lei incamminandosi di nuovo “Pensavo lo sapessi?” le risponde Saverio camminandole a fianco “Cosa dovrei sapere?” insiste a chiedere Giulia “Del mio amore non corrisposto … almeno credo” “Oh come mi dispiace Saverio. Chi è l’idiota che non corrisponde il tuo amore? Non capisce nulla! Sei fantastico, sei l’uomo perfetto da amare, credimi” “Dici davvero?” – “Certo! Guardati, sei un bell’uomo, simpatico, gentile, sai ascoltare, devi solo avere fiducia in te stesso” e gli da un colpetto di incoraggiomento su un braccio “Forse hai ragione, ma lasciamo stare me e dimmi cos’ha che non va la tua vita amorosa” – “Tutto!” e tutto d’un fiato continua “Intanto sono sola e non dirmi potresti prendere un gatto, non è quello che voglio. Vorrei innamorarmi, anche se forse lo sono ma …” ha un attimo di esitazione poi prosegue “Insomma vorrei provare sensazioni forti e vorrei essere disposta ad andare all’inferno pur di provarle. Mi capisci?” “Non proprio, ma immagino che il tuo andare all’inferno abbia a che fare con Shakespeare” “Esatto! Oggi mi sono scazzata dopo una sua poesia, che forse nemmeno ha scritto lui, ma non importa, mi sono scazzata lo stesso ed ho iniziato a pensare che non ho mai baciato nessuno al punto di sentirmi in paradiso” “Davvero?” le chiede Saverio “Si davvero!” e mentre l’ascolta parlare Saverio la osserva: quel viso, quei lineamenti, quella voce, quella donna gli piacciono da morire.

Si conoscono da più di un anno ormai, ma non è ancora riuscito a parlargliene.

Si erano incontrati al parco un giorno che lui era con Toby, il suo cane. Un piccolo incidente tra Giulia e Toby li aveva fatti conoscere, era nata così la loro amicizia e nei mesi si era consolidata . Si incontravano spesso passeggiando e ogni volta continuavano la camminata insieme chiacchierando, ridendo e scherzando, era diventato quasi un rito serale, ma senza nessun impegno preciso, chi c’era, c’era. Avevano anche bevuto qualche aperitivo insieme, consumato qualche cena al pub sotto casa di lei e si sentivano con dei messaggi via cellulare, ma tutto finiva lì, lui non trovava un modo per andare oltre. Giulia era riservata. Non si esponeva molto su sé stessa tranne in rare occasioni, come in quel momento, in cui si lasciava andare e, allora, si raccontava a ruota libera e lui si sentiva travolto da lei, impazziva dal desiderio per lei e si convinceva sempre più di amarla.

“Avere fiducia in te stesso” Saverio pensa alle parole che Giulia gli ha detto poco prima, si ferma un attimo e le dice “Dammi le mani” lei si gira verso di lui e gliele allunga subito, lui le prende e le stringe con forza tra le sue “Chiudi gli occhi” – “Perchè cosa vuoi farmi fare?” dice lei fingendosi preoccupata “Fidati” le risponde. E lei, che di Saverio si fida tantissimo, li chiude.

Aveva riposto la sua fiducia in lui fin da subito, dalla prima volta in cui lo aveva conosciuto. Era rimasta colpita oltre che dall’amore che lui aveva per il suo cane, che spesso li accompagnava nelle loro passeggiate e di cui anche lei, fin da subito, si era innamorata, dai modi educati e rispettosi che aveva con lei e dalla sua timidezza. Se non fosse stato per Toby che si era scontrato con Giulia facendola cadere, non si sarebbero mai conosciuti. Probabilmente Saverio, anche incrociandola spesso, oltre all’educato buongiorno con cui la salutava ogni volta, non le avrebbe mai rivolto altre parole, ma in quell’occasione non aveva potuto farne a meno, l’aveva soccorsa ed era stato gentilissimo e simpatico nel farlo. A volte non le sarebbe dispiaciuto se lui avesse osato di più con lei, ma non lo faceva e lei, pur essendo parecchio presa dalla loro amicizia, rispettava la sua scelta cercando di essere discreta e non invadente, non voleva perderlo per nessun motivo al mondo.

Giulia ad occhi chiusi e con le mani strette in quelle di Saverio aspetta, fa un passo quasi a voler camminare ma lui la blocca. Si sente strana, c’è un’intensità diversa tra loro due quella sera “Ferma non ti muovere, non andiamo da nessuna parte e resta ad occhi chiusi”- “Ok sarò immobile”- “Bene” dice Saverio cercando di nascondere una certa emozione. Poi si avvicina con il volto a quello di lei, sente il suo respiro sfiorargli le guance e pensando di nuovo “Abbi fiducia in te stesso” le lascia le mani per tirarla verso sé e appoggiare le labbra a quelle di Giulia che è sorpresa, ma non si tira indietro, anzi si avvicina ancora di più lasciando che le sue labbra si rilassino al contatto con quelle di lui. Le dischiude leggermente per invitarlo ad osare di più e lui ne approfitta subito.

Giulia è travolta da un’infinità di sensazioni. Più lui insiste con il bacio, più lei si sente coinvolta, ma non è solo un coinvolgimento fisico, c’è molto di più. Mentre il suo cuore esplode, la sua mente si libera e tutte le paranoie improvvisamente non ci sono più, sono svanite lasciando spazio solo a pensieri su loro due, a momenti di loro due, a cose dette tra loro due che giacevano sopite in attesa di qualcosa che le portasse alla luce e quel qualcosa è arrivato “Sarò in paradiso?” si domanda Giulia che socchiude gli occhi un istante per accertarsi di non sognare. Il crepuscolo ha lasciato spazio al buio, ma il chiarore della luna alta nel cielo, le consente di vedere i lineamenti rilassati di Saverio. Per un’istante apre gli occhi anche lui, ma senza lasciare la sua bocca, i due sguardi colmi di passione si incontrano, poi entrambi tornano a baciarsi. Nessuno dei due vuole perdere altro tempo, hanno aspettato ed indugiato fin troppo a lungo per trovarsi. E, mentre continua a sciogliersi tra le braccia di lui, Giulia pensa “William credo di essere in paradiso … ti racconterò” e si stringe più che può a Saverio che, ormai sicuro di se, non sente nemmeno il bisogno di respirare, ma solo quello di baciarla.

Finchè c’è vita c’è speranza?

L’amore non ha età? O gallina vecchia fa buon brodo? Quale detto popolare si addice bene alla storia di un anziano novantatreenne che chiede il divorzio dalla moglie 7 anni più giovane di lui? In questo caso direi vanno bene tutti e tre.

Il nonnetto si è innamorato e l’amore lo sappiamo non ha età, per la verità qualcuno pensa che non esista e qualcun altro che duri solo tre anni, ma non è il suo caso lui si è innamorato! Però non di sua moglie, sarebbe stato troppo scontato e, invece, a novantatré anni una botta di vita ci sta proprio bene. Si è innamorato di un’altra ed anche tanto e lei lo ricambia. A nulla son valsi i no, i “pensa a cosa stai facendo” o le proteste della consorte e di tutta la discendenza figli, nipoti e pronipoti, per farlo desistere dall’amare l’altra e chiedere il divorzio perché vuole rifarsi una vita.

La povera consorte, presa per sfinimento, forse altre prese non le vede da tanto, è stata costretta a cedere all’insistenza e concedere il divorzio.

Diciamocelo ma chi è lei per impedire al ringalluzzito marito di rifarsi una vita andando a convivere con l’altra? Una moglie come tante che in questi casi poco possono fare, perché se a lui parte il boccino poi, a tutti i costi, vuole andare in buca.

Leggendo “altra” avete pensato subito la badante? No! Come sarebbe no? Dai ammettetelo ci avete pensato, non potete essere immuni alle storie su badanti furbe che si accaparrano il vecchietto e i suoi gioielli ehm averi volevo scrivere averi. Non posso averle sentite solo io. Comunque no! L’altra non è la badante, ma una coetanea della consorte reietta (ed ecco che “gallina vecchia ecc. ecc” entra a piedi uniti nella storia), conosciuta ante lockdown in un circolo culturale. Ehh cultura galeotta, quando si dice “Mi ha preso la mente, non ho saputo resistergli”. Infatti la storia la mente gliel’ha presa, ad entrambi, molto più di quanto potesse fare quel tizio di nome Alzheimer e, tra un casquè, una giravolta e una partita a carte, si è accesa la scintilla. La storia ha preso fuoco, le fiamme son divampate alte e si son lasciate intorno solo congiunti bruciacchiati, un’ex moglie affumicata, ma, per fortuna, nessuno arso vivo, anche se immagino che la povera ex moglie un arrostita ben fatta al marito gliela avrebbe data volentieri. Ha voluto esser superiore, ma non senza mettergli i bastoni tra le ruote per un pò, firmando, infine, la separazione. Ora lui ha sei mesi di tempo per ottenere il divorzio.

Corna e sconfitti a parte, è una storia di speranza. Non sono molti coloro che a 93 anni (sempre ad arrivarci) pensano di poter ricominciare una nuova avventura. Sicuramente il buon brodo di cui si è saziato il nonnetto era notevole e qualche effetto positivo glielo ha provocato. Potrebbe, per pura solidarietà, l’attempata gallinella passarne la ricetta anche a tutti quei nonnetti che, al centro culturale, più di una partita a carte non riescono a scagliare?

Lunga vita a tutti!

“Non si è mai troppo vecchi finché si desidera sedurre e, soprattutto, finché si desidera essere sedotti” Charles Pierre Baudelaire

Chi l’ammazza Sanremo?

Ovviamente non la cittadina, si parla di Festival!

Nonostante i settantuno anni lo rendano più esposto al contagio il Covid non lo ha scalfito affatto e non ha avuto nemmeno bisogno di fare il  vaccino. In barba a restrizioni, divieti e coprifuoco, come la fenice il festival di Sanremo risorge dalle ceneri di chi ne farebbe volentieri a meno e fa spettacolo.

Amato e odiato, con edizioni più o meno riuscite, resta sempre in piedi, per alcuni come simbolo della canzone italiana per altri delle canzonette, ma, qualunque sia la verità, lui resiste e persiste, semmai barcolla ma non molla.

E quest’anno al grido di “Lo spettacolo deve continuare” – ma solo quello di Sanremo – sfida le malelingue (anche la mia) addirittura con un format senza cantan.. (ops!) senza pubblico, e, come da copione ormai collaudato, con i presentatori più cool affiancati da stilosissime vallette che, per questa edizione, dovrebbero essere una diversa ogni sera, nel pieno rispetto delle quote rosa.

Quote rosa possibilmente fighe, agghindate e addobbate a festa.

Mai successo che a Sanremo abbia visto (passibile di smentita perchè avrò visto 3 puntate al massimo) una quota rosa racchia, ma soprattutto che non fosse relegata al ruolo secondario di valletta: poche sono state le coconduttrici,  rarissime le conduttrici, una la direttrice artistica in settantuno anni.

Andando a ritroso nella storia di Sanremo le edizioni affidate ad una conduzione femminile sono state ben poche cinque o forse sei, ma anche se è “una ‘nticchia” maschilista poco importa; lo perdoneremo perchè “Sanremo è Sanremo” e lo guarderemo, fosse anche solo per curiosità o coazione mediatica e il secondo caso è, senza se e senza ma, tutto il mio.

Sanremo. Anche quest’anno si trova in Liguria

(Ernesto Montale)

Pazzo per lei

è un film  spagnolo, titolo originale “Loco por ella” del regista Dani de la Orden, in programmazione su Netflix, genere sentimentale, che ho visto ieri sera. Un’ora e quaranta di rilassatezza.

Un film commovente e divertente che raccontando, con poesia e delicatezza,  una storia d’amore non convenzionale, tratta allo stesso tempo, con la stessa delicatezza, il tema delle malattie mentali e delle case di cura.

Non amo spoilerare ne i film ne i libri per non togliere il gusto della visione quindi  riporto precisa la trama presente su Netflix “Dopo aver trascorso una serata scatenata insieme, Adri scopre che l’unico modo per rivedere Carla è diventare un paziente del centro di salute mentale dove lei risiede”
Nel film  si contendono lo spazio fino a sovrapporsi la commedia romantica con tutti i suoi cliché e stereotipi, e ne è il tema centrale, e  un approccio al mondo delle malattie mentali.
Una storia d’amore che nasce una sera qualsiasi tra due persone all’apparenza normali e si trasforma, poi,  in qualcosa di più complesso. È a questo punto che il film va a toccare il mondo delle patologie mentali facendole emergere grazie alle varie personalità di alcuni interpreti.

Quello delle patologie mentali è un mondo con cui ho avuto occasione di interagire, so che non è facile da trattare e da far capire e,  nel tentativo di farlo, mettere troppo l’accento sugli aspetti più duri, potrebbe facilmente allontanare chi guarda, ma non metterlo potrebbe rendere le storie ridicole e grottesche. A mio avviso è stato fatto, invece, con garbo, delicatezza e la giusta dose di umorismo, con una  leggerezza che non è superficialità, ma rispetto, che strappa qualche sorriso o risata, ma commuove anche e diventa tenerezza.

Molto bravi i due protagonisti nel rendere veritieri i loro personaggi e la loro alchimia dal primo approccio fino alla loro evoluzione, quando, prendendo coscienza dei loro limiti, fanno il salto di qualità che li rende, sicuramente, migliori. E’ il momento in cui Adri capisce che il suo motto “Volere è potere” non può valere sempre e non può valere per tutti.

Non da meno sono stati gli altri attori, con le loro storie di disagio mentale che si intrecciano a quella dei protagonisti, rese veritiere da un interpretazione capace ed efficace.

Nel film una frase esprime, chiaramente, la complessità del mondo di chi soffre di patologie mentali più o meno gravi che siano “La difficoltà di avere una malattia mentale è che la gente vuole che ti comporti come se non l’avessi” è una frase su cui riflettere e porci qualche domanda.


Buona visione se decidete di guardarlo.

Perchè non ci viviamo questa notte? Poi non ci rivedremo mai più. Programmiamo una notte perfetta che sia impeccabile” Carla

#mimancailcinema

Penso positivo …

Questa mattina un post su Fb della mia amica di blog, mi ha fatto annegare nella malinconia. Si tratta di un video fatto ad un concerto che andammo a vedere insieme il 27 febbraio del 2018 a Milano, uno di quei ricordi che ogni giorno propone Fb. Nel video Jovanotti canta “Penso positivo” e lei nel post ha scritto “Penso positivo”.

Ha ragione, sicuramente l’unico modo per superare questo momento è pensare positivo e lo faccio, eccome se lo faccio. Ogni giorno mi sforzo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma oggi no, non ci sono riuscita, quel video mi sta facendo pensare solamente a quanto mi sta e ci sta togliendo questo maledetto virus.

È quasi un anno che non vedo mio figlio e questa è la mancanza più grande, si ci sentiamo al telefono, facciamo delle lunghe videochiamate, ma non è la stessa cosa di quando siamo insieme. Lo schermo toglie molto ad una chiacchierata dal vivo con chi si ama, è soltanto “meglio che niente”.

E poi? Mi manca il mare, nuotare nel mare, camminare sulla riva all’alba. Partirei a piedi pur di andare a fare un bagno in mare.

Vorrei tornare al cinema e vedere un film sprofondata nella poltrona con gli effetti speciali quasi realistici e l’audio che mi avvolge. Potrei anche a tollerare il vicino che mangia i pop corn pur di farlo.

Vorrei andare a teatro, seguire una commedia dal vivo, emozionarmi dal vivo, partecipare agli applausi, chiedere il bis. Anche se fosse il teatro parrocchiale e la compagnia fosse “La compagnia teatrale dei genitori instabili”

Vorrei andare ad un concerto ridere, saltare, ballare, cantare insieme alla mia socia, anche se non fosse un concerto di Jova o Zucchero o Antonacci purché sia un momento in cui la musica la fa da padrona. Fosse anche un concerto di Gigi D’Alessio, che mi fa venire l’orticaria, tanto partirei.

Quando ci sarà restituito tutto questo?

Penso positivo e mi dico “Presto!”, nonostante sappia che il presto durerà ancora molto.

video rubato dal profilo fb della mia socia 😀

L’invisibile ragno della malinconia stende sempre la sua ragnatela grigia sui luoghi dove fummo felici e da dov’è fuggita la felicità”
(Boleslaw Prus)

p.s.: immagine in evidenza: insieme alla mia socia, ovviamente ad un concerto.