Tutta colpa di Shakespeare

dammi tre parole: bacio, luna, tempo suggerite da raccontidialiantis

“Se per baciarti dovessi poi andare all’inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci. (Shakespeare)” “Anche non fosse di Shakespeare, ma di qualc’un altro potrebbe, comunque, avere ragione” pensa Giulia continuando a fissare il telefono “Deprimente che alla mia età, quasi trent’anni, non abbia mai baciato qualcuno da poter dire di aver visto il paradiso”

Ne ha dati di baci Giulia, non è più una ragazzina ed ha avuto le sue storie, ma è convinta di non aver mai dato quello giusto, quello che ispirerebbe la più bella delle poesie o la frase di cui tutti si vorrebbero appropriare per dire “Si è così! Lo posso confermare e non avrei saputo descriverlo meglio” Sicuramente non sarà lei a scriverla e dovrà continuare, tramite i racconti di altri ad immaginare le sensazioni che il bacio giusto, nel momento giusto, ma soprattutto con la persona giusta possa dare, nemmeno nei sogni le è mai capitato.

Chiude il telefono stanca di scorrere le numerose citazioni, frasi e aforismi che popolano i profili social dei suoi amici e si alza dal divano per andare verso la libreria, da uno sguardo veloce ai titoli dei libri, ma non trova quello che le dice “Leggi me! leggi me!”

“Non è giornata, sono troppo distratta, confusa, stanca, annoiata” pensa mentre prende il cappotto dall’appendiabiti nel corridoio, lo indossa ed esce a fare una passeggiata.

“Forse incontro Saverio e facciamo due chiacchiere è un pò che non lo sento” si dice mentre varca il portone del palazzo per trovarsi subito in strada con il pensiero fermo su Saverio, l’altro suo punto debole e si avvia in direzione dei giardini pubblici poco distanti.

La luce sta cambiando, il sole saluta quel giorno tingendo il cielo di molteplici sfumature arancio, rosa, giallo, blu da renderlo incantato. Con lo sguardo in su, senza riuscire a distogliere l’attenzione da quei colori, si addentra nei giardini. Il crepuscolo della sera e quello del mattino, quando il sole gioca a fare il pittore, sono i momenti della giornata che preferisce.

“Bello spettacolo vero?” esclama qualcuno avvicinandosi “Saverio! Sei qui!” esclama Giulia, riconoscendo la voce e continua “Speravo di incontrarti” “Lo sapevo, come so che è il tuo momento preferito per camminare, per cui eccomi!” le risponde abbracciandola “Ok sul mio momento preferito, ma non potevi sapere che speravo d’incontrarti” replica Giulia ridendo e rispondendo all’abbraccio “In effetti no o forse sì o forse è quello che speravo io” continua lui senza, però, liberarla dall’abbraccio “Ho voglia di chiacchierare un po’ con te” gli risponde lei restando tra le sue braccia.

Ogni volta che lui l’abbraccia Giulia sta bene in quell’abbraccio, si sente viva, al sicuro, quasi a casa e vorrebbe che non finisse mai, ma non capita spesso che lui lo faccia.

“Vuoi parlare di qualcosa in particolare o parler pour parler?” chiede Saverio sfoggiando una della poche frasi di francese che conosce e mettendo un’eccessiva enfasi sulla erra “Mais oui mon ami qualche chiacchiera tra amici” cinguetta Giulia “Bien mia cara, scegli un argomento, sono a tua disposizione” “Scegli un argomento? Come stai? Che hai fatto? Sei felice? Non possono andare per cominciare?” e ride “Hai ragione!” Saverio pensa un attimo “Se sei felice, è di questo che vuoi parlare” “Si” gli risponde Giulia avvicinandosi un pò più a lui “Allora dimmi luce dei miei occhi, sei felice?”

“Luce dei miei occhi … e questa da dove esce?” dice Giulia ridendo divertita “Perdonami mi è uscita così, lo so è ridicola” “Ma no dai è divertente” “Ok! ok! Non vuoi farmi sentire un idiota e per questo ti adoro” dopo una pausa, serio le chiede “Sei felice Giulia?” “Non lo so, forse sì, forse no. Ho un lavoro, una casa tutta mia, posso andare in vacanza dove voglio, eppure sento che mi manca qualcosa, mi sento incompleta o forse non abbastanza viva o forse, bo non saprei proprio. Comunque se oggi sto così è tutta colpa di Shakespeare” “Shakespeare?!” chiede Saverio sorpreso “È venuto a trovarti? Ti ha offesa o importunata? Dimmi subito che vado a cercarlo e gliene dico quattro” lei scoppia a ridere “No non mi ha importunata, mi ha solo fatto riflettere sulla mia vita amorosa” Saverio la guarda cercando di leggere qualcosa in più nei suoi occhi e le chiede “Forse la tua vita amorosa ha qualcosa che non va come la mia?” “Cosa ha la tua che non va?” domanda lei incamminandosi di nuovo “Pensavo lo sapessi?” le risponde Saverio camminandole a fianco “Cosa dovrei sapere?” insiste a chiedere Giulia “Del mio amore non corrisposto … almeno credo” “Oh come mi dispiace Saverio. Chi è l’idiota che non corrisponde il tuo amore? Non capisce nulla! Sei fantastico, sei l’uomo perfetto da amare, credimi” “Dici davvero?” – “Certo! Guardati, sei un bell’uomo, simpatico, gentile, sai ascoltare, devi solo avere fiducia in te stesso” e gli da un colpetto di incoraggiomento su un braccio “Forse hai ragione, ma lasciamo stare me e dimmi cos’ha che non va la tua vita amorosa” – “Tutto!” e tutto d’un fiato continua “Intanto sono sola e non dirmi potresti prendere un gatto, non è quello che voglio. Vorrei innamorarmi, anche se forse lo sono ma …” ha un attimo di esitazione poi prosegue “Insomma vorrei provare sensazioni forti e vorrei essere disposta ad andare all’inferno pur di provarle. Mi capisci?” “Non proprio, ma immagino che il tuo andare all’inferno abbia a che fare con Shakespeare” “Esatto! Oggi mi sono scazzata dopo una sua poesia, che forse nemmeno ha scritto lui, ma non importa, mi sono scazzata lo stesso ed ho iniziato a pensare che non ho mai baciato nessuno al punto di sentirmi in paradiso” “Davvero?” le chiede Saverio “Si davvero!” e mentre l’ascolta parlare Saverio la osserva: quel viso, quei lineamenti, quella voce, quella donna gli piacciono da morire.

Si conoscono da più di un anno ormai, ma non è ancora riuscito a parlargliene.

Si erano incontrati al parco un giorno che lui era con Toby, il suo cane. Un piccolo incidente tra Giulia e Toby li aveva fatti conoscere, era nata così la loro amicizia e nei mesi si era consolidata . Si incontravano spesso passeggiando e ogni volta continuavano la camminata insieme chiacchierando, ridendo e scherzando, era diventato quasi un rito serale, ma senza nessun impegno preciso, chi c’era, c’era. Avevano anche bevuto qualche aperitivo insieme, consumato qualche cena al pub sotto casa di lei e si sentivano con dei messaggi via cellulare, ma tutto finiva lì, lui non trovava un modo per andare oltre. Giulia era riservata. Non si esponeva molto su sé stessa tranne in rare occasioni, come in quel momento, in cui si lasciava andare e, allora, si raccontava a ruota libera e lui si sentiva travolto da lei, impazziva dal desiderio per lei e si convinceva sempre più di amarla.

“Avere fiducia in te stesso” Saverio pensa alle parole che Giulia gli ha detto poco prima, si ferma un attimo e le dice “Dammi le mani” lei si gira verso di lui e gliele allunga subito, lui le prende e le stringe con forza tra le sue “Chiudi gli occhi” – “Perchè cosa vuoi farmi fare?” dice lei fingendosi preoccupata “Fidati” le risponde. E lei, che di Saverio si fida tantissimo, li chiude.

Aveva riposto la sua fiducia in lui fin da subito, dalla prima volta in cui lo aveva conosciuto. Era rimasta colpita oltre che dall’amore che lui aveva per il suo cane, che spesso li accompagnava nelle loro passeggiate e di cui anche lei, fin da subito, si era innamorata, dai modi educati e rispettosi che aveva con lei e dalla sua timidezza. Se non fosse stato per Toby che si era scontrato con Giulia facendola cadere, non si sarebbero mai conosciuti. Probabilmente Saverio, anche incrociandola spesso, oltre all’educato buongiorno con cui la salutava ogni volta, non le avrebbe mai rivolto altre parole, ma in quell’occasione non aveva potuto farne a meno, l’aveva soccorsa ed era stato gentilissimo e simpatico nel farlo. A volte non le sarebbe dispiaciuto se lui avesse osato di più con lei, ma non lo faceva e lei, pur essendo parecchio presa dalla loro amicizia, rispettava la sua scelta cercando di essere discreta e non invadente, non voleva perderlo per nessun motivo al mondo.

Giulia ad occhi chiusi e con le mani strette in quelle di Saverio aspetta, fa un passo quasi a voler camminare ma lui la blocca. Si sente strana, c’è un’intensità diversa tra loro due quella sera “Ferma non ti muovere, non andiamo da nessuna parte e resta ad occhi chiusi”- “Ok sarò immobile”- “Bene” dice Saverio cercando di nascondere una certa emozione. Poi si avvicina con il volto a quello di lei, sente il suo respiro sfiorargli le guance e pensando di nuovo “Abbi fiducia in te stesso” le lascia le mani per tirarla verso sé e appoggiare le labbra a quelle di Giulia che è sorpresa, ma non si tira indietro, anzi si avvicina ancora di più lasciando che le sue labbra si rilassino al contatto con quelle di lui. Le dischiude leggermente per invitarlo ad osare di più e lui ne approfitta subito.

Giulia è travolta da un’infinità di sensazioni. Più lui insiste con il bacio, più lei si sente coinvolta, ma non è solo un coinvolgimento fisico, c’è molto di più. Mentre il suo cuore esplode, la sua mente si libera e tutte le paranoie improvvisamente non ci sono più, sono svanite lasciando spazio solo a pensieri su loro due, a momenti di loro due, a cose dette tra loro due che giacevano sopite in attesa di qualcosa che le portasse alla luce e quel qualcosa è arrivato “Sarò in paradiso?” si domanda Giulia che socchiude gli occhi un istante per accertarsi di non sognare. Il crepuscolo ha lasciato spazio al buio, ma il chiarore della luna alta nel cielo, le consente di vedere i lineamenti rilassati di Saverio. Per un’istante apre gli occhi anche lui, ma senza lasciare la sua bocca, i due sguardi colmi di passione si incontrano, poi entrambi tornano a baciarsi. Nessuno dei due vuole perdere altro tempo, hanno aspettato ed indugiato fin troppo a lungo per trovarsi. E, mentre continua a sciogliersi tra le braccia di lui, Giulia pensa “William credo di essere in paradiso … ti racconterò” e si stringe più che può a Saverio che, ormai sicuro di se, non sente nemmeno il bisogno di respirare, ma solo quello di baciarla.

Erotica apparenza

Dammi 3 parole: brutto, tagliato, quindicina

Solo a guardarla ho l’acquolina in bocca, invece non capisco se lei sia più spaventata o disgustata,  sembra abbia visto il demonio “È una pizza rilassati!” le dico “nulla di tanto pericoloso!”

Con le pupille fisse che sembrano sul punto di saltar fuori dalla loro sede naturale, forse più per una blefaroplastica esagerata che il disgusto, mi grida “Non puoi mangiarla!” e subito dopo, voltandosi indispettita, si dirige nel corridoio davanti allo specchio “per spazzolarsi i fluenti capelli biondi che nell’ultimo decennio non ha mai tagliato per questo sono così voluminosi” (parole sue). Mentre sistemo la tovaglia sulla tavola osservo con la coda dell’occhio il suo rimirarsi soddisfatta e la delicatezza dei suoi movimenti di spazzola, del resto non può metterci troppa forza, rischia di rovinare le extension.

Tra un colpo di spazzola e l’altro continua a ripetermi “Non mangiarla, ti farà  male! Non sai che la farina  favorisce diabete e tumori, mentre il lievito provoca gonfiore addominale? Mangia i cavoli, le zucchine, quelli si che fanno bene” “I cavoli tuoi farebbero anche meglio” penso prendendo un piatto nella dispensa e lasciando che continui a parlare “I pomodori dell’orto, gli spinaci” e tra me e me “bla bla bla”.

Eccola che torna “Sei proprio decisa a mangiarla?!” “Certo che non sei insistente nemmeno un pò! Si l’ho preparata perché mi andava ed ora la mangio” le rispondo piuttosto seccata mentre la osservo indossare la giacca che lascia aperta affinché si veda il maglioncino che mette ben in evidenza le tette. Con quello che le sono costate, circa un anno fa, non può mica nasconderle! Non è rimasta soddisfattissima del risultato, il chirurgo ha potuto farle solo una seconda, ma le ha consigliato di mangiare di più e mettere su un pò di ciccia così aumentano anche in maniera del tutto naturale. Magari una bella pizza super farcita al posto di due zucchine bollite e un finocchio?

Qualche mese prima di farsi le tette aveva sollevato gli zigomi e gonfiato le labbra. Queste ultime, ogni tanto, le richiedono un pit stop e quando lo fa, per un periodo,  il culo di gallina le riesce da manuale, poi pian piano si sgonfia e allora vai di nuovo con il pit stop.

Ovviamente anche i suoi glutei non sono immuni a ritocchi. Qualche anno fa li ha sottoposti ad un trattamento, ma non so quale.  Per avere quasi sessant’anni  sono  perfetti, i miei nemmeno a 30 erano così, forse, ogni tanto, dovrà revisionare anche loro? Saranno estate/inverno come le gomme? Ogni due per tre fa l’ozonoterapia, ma non ricordo di preciso a che pro se per le gambe o l’ addome. Farsi iniettare ozono è sicuramente più salutare di quel brutto e cattivo lievito di birra.

“Vado, ci vediamo la prossima settimana. E non mangiarla ti farà male!” mi dice accennando un saluto con la mano e dirigendosi verso la porta di casa “Ok non la mangio, ciao!” le rispondo pensando che è una gran  rottura di balle. “Dimenticavo,  posso mandarti su WhatsApp i nomi di un paio di prodotti. Me li puoi cercare online e ordinarmeli?” “Ok manda pure” le rispondo mentre chiude la porta.

Un paio di mesi fa  mi ha chiese di cercarle  un prodotto a base di collagene da prendere ogni sera, un’altra volta l’argilla che fa bene per il gonfiore addominale e per il fegato, questo lo disse una volta in cui le chiesi se voleva unirsi al tè e pasticcini che stavo prendendo con delle amiche. “Sei matta? Io prendo solo argilla” “Argilla?!” rispondemmo in coro.

Una quindicina di giorni fa mi ha fatto ordinare l’avena. Li per li alla parola aveva ho pensato avesse un cavallo, invece ci fa colazione.

Il messaggio è arrivato, questa volta le serve il fieno greco “Questo mi è nuovo” penso “A cosa servirà? Avrà di nuovo un cavallo?” no rassoda il seno “Mon dieu! Ma se lo ha nuovo di zecca?!”

Fieno ordinato. Finalmente mi siedo pronta a gustarmi la mia pericolosissima e, forse, mortale pizza sperando di non morire avvelenata prima di averla terminata. Sorridendo ripenso al suo “Mangia i cavoli” e mi scappa un “Tiè”  dopodiché   affondo con gusto e soddisfazione i denti in quel boccone caldo e filante che, fino all’ultimo boccone, inebria tutti i miei sensi e distogliendo l’occhio da ogni mio rotolino o cedimento strutturale penso “Cavoli son viva! Che fortuna!”, e così ci ho messo anche i cavoli, contenta mia cara?

“Sono per la chirurgia etica, bisogna rifarsi il sennò” Alessandro Bergonzoni

L’acquerello (Dammi 3 parole)

Ormai saprete del gioco iniziato con la mia socia di blog, in caso contrario leggete qui. Il testo a seguire è frutto del mio tentativo di giocare, le parole che la mia socia mi ha assegnato sono state: gambo, cibo e disegno

L’acquerello

Alcuni segni neri imprecisi si librano in volo su un cielo azzurro, mentre altri si nascondono tra le nuvole bianche sparse qua e là. Un grande tondo giallo arancio, spropositato per quel cielo, si affaccia da dietro una nuvola, è il sole che espande i suoi raggi fino alle montagne coperte di neve che segnano la linea dell’orizzonte. Sotto quel cielo azzurro la neve brilla. In basso un lago ghiacciato è incastonato tra le montagne. Sulla riva del lago, tra gli alberi innevati, una casetta in legno prende vita. Ha il tetto coperto di neve e un comignolo da cui un fumo bianco e grigio sale verso l’alto.

“Bello!” pensò Adele osservando il disegno appena trovato nel cassonetto e chiedendosi se fosse stato un bambino o una bambina a disegnarlo. “Perché lo avranno buttato?” disse mentre con la mano guantata a righe marrone e arancio spostava una fogliolina ormai secca che vi era attaccata e lo ripuliva da qualcosa di appiccicoso. Lo guardò bene un’ultima volta e lo mise nella busta piena di stracci che aveva con sé continuando, subito dopo, la sua ricerca nel cassonetto.

Era alla ricerca di qualcosa di commestibile e, di solito, era fortunata: un gambo di sedano o il gambo di un carciofo, una carota un po’ rinsecchita, qualche patata vecchia, un limone muffo a metà, si trovavano. Nei giorni più fortunati riusciva a trovare qualche uovo scaduto da poco e ancora integro o della pasta e, allora, riusciva a mettere insieme qualche pietanza quasi decente: una frittata di gambi di carciofo o una frittata con le patate, una pasta in bianco, ma bianca proprio, il parmigiano e l’olio non li aveva mai trovati. Quegli scarti di cibo erano la sua fortuna, anzi la sua sopravvivenza. Ogni tanto provava ad immaginare quelle persone così fortunate da poter gettare via le uova scadute da poco o le patate solo perché avevano qualche germoglio, ma non poteva soffermarsi a lungo su quell’immagine senza sentire una stretta al cuore.

“Spesa fortunata oggi” pensò Adele trovando un pacco di spaghetti e uno yogurt scaduti da poco che, sentendo avvicinarsi il camion della nettezza urbana, mise velocemente nella solita busta per poi incamminarsi soddisfatta, specialmente per aver trovato il disegno. Era la stessa soddisfazione che provava quando trovava un libro o un giornale ancora leggibili anche se alla tenue luce di un mozzicone di candela.

Il cassonetto era vicino ad uno di quei bei palazzi signorili che costeggiavano la strada lungo il fiume. Adele non viveva molto lontano, doveva camminare solo qualche centinaio di metri ed arrivare al ponte lì vicino.

La sua casa, con le pareti di lamiera e cartone che la dividevano da altri come lei, aveva il ponte come tetto. Quel ponte univa gli argini del fiume che la separava dal suo passato. Da tanto tempo, ormai, lottava per cancellare quel passato dalla mente, convinta che non potesse più tornare.

Era una comunità piccola quella in cui viveva ora. Vi si era inserita qualche tempo prima, una comunità ai margini, dove la vita stessa era un optional e non poteva pretendere altro. All’inizio non era stato facile, qualche lite più o meno violenta, qualche insulto per trovare una sistemazione, finché non era riuscita ad appropriarsi di quell’angolo e nessuno le aveva dato più fastidio. Un fuoco, che divideva con gli altri, la scaldava quando era molto freddo e le consentiva di prepararsi un po’ di cibo.

Arrivata nel suo angolo, tirò fuori dalla busta il bottino della giornata insieme al mucchio di stracci che si portava sempre dietro per paura che glieli rubassero, erano le sue coperte per la notte. Prese il disegno e lo appoggiò ad una delle pareti di cartone. Finalmente un po’ di colore e di luce in quel posto misero e triste. Qualcosa che le avrebbe scaldato un po’ il cuore, perché dai colori si capiva che chi lo aveva disegnato era felice e, proprio per questo, non si spiegava come avessero potuto gettarlo via. Adele non era esperta, ma per lei quello era proprio un gran bel disegno e quella sera si addormentò guardandolo. Sperò che quel lago tra i monti potesse essere lo scenario dei suoi sogni e si immaginò in quella casetta, seduta davanti al caminetto ad ammirare il lago.

L’indomani si svegliò presto come faceva ogni giorno, radunò i suoi stracci nella solita busta, mangiò un biscotto che era già vecchio quando lo aveva trovato, ma il cui sapore era ancora tollerabile e si avviò per il suo solito giro alla ricerca di cibo.

Era tutto molto diverso da quando, qualche anno prima, poteva permettersi di entrare in un supermercato e riempire il carrello della spesa senza pensare troppo, ma la vita cambia e può capitare che un giorno ti ritrovi a non avere più nulla, che non è colpa tua se ti capita, e che non hai nemmeno qualcuno disposto ad aiutarti veramente e che, nonostante la rabbia e la delusione, provi una gran vergogna per quel fallimento da convincerti che sparire sia l’unica soluzione.

Nel caso di Adele fu qualcosa di molto piccolo, qualcosa di invisibile, ma che racchiudeva la forza di una grande calamità, di quelle che quando passano si lasciano dietro morti e disperazione.

Adele aveva perso tutto, prima il lavoro, poi i risparmi, in seguito la casa ed infine l’auto. Non era stata l’unica, ma lei non ce l’aveva fatta a riprendersi, si era sentita sopraffatta da quella catastrofe al punto che, con le poche cose che le erano rimaste, qualche tempo prima, di notte, aveva attraversato, con passo stanco, quel ponte. Per tutto il cammino una pioggia torrenziale aveva offuscato, insieme alle lacrime, il suo sguardo, ma non si era fermata. Voleva allontanarsi da tutto e da tutti per cominciare una nuova vita dall’altro lato, ma fu di nuovo un fallimento e si ritrovò a vivere sotto quel ponte. “Sempre meglio del non vivere affatto” si ripeteva spesso.

Risalito l’argine del fiume Adele vide l’edicolante che sistemava la locandina del giorno e, come faceva sempre, si avvicinò per leggere. Nonostante la sua infelice situazione, amava sapere del mondo intorno a lei. Del virus nessuno parlava più, la vita era andata avanti, almeno quella degli altri. Solo politica, economia “Mah!” esclamò avvicinandosi “Quello è il mio disegno!” e si soffermò a guardare meglio “Si è proprio lui! Quel sole così grande, il lago, la casa di legno” lesse il titolo scritto sotto – Presi i ladri del furto alla casa d’aste, recuperata la refurtiva, manca solo un acquerello di grande valore – non terminò di leggere che velocemente fece ritorno tra i suoi cartoni e lamiere.

Il disegno era ancora li, lo guardò a lungo, era proprio lui e si, sembrava proprio originale. In un angolo c’era una sigla, M.P. che il giorno prima non aveva visto “non lo ha dipinto un bambino” pensò mentre metteva il disegno nella solita busta e tornava a risalire l’argine.

Seduta al tavolo, assaporando la sua frittata di carciofi veri e non di soli gambi, Adele osservava il disegno sul muro della sua piccola cucina: il sole troppo grande, il lago, la casetta.  Era l’unica cosa che aveva chiesto nel restituire l’acquerello, ne voleva una copia per la sua casa di cartone e lamiere. Ma insieme alla copia arrivò anche altro che le consentì di iniziare la nuova vita di qua dal ponte come tanto aveva sperato.

“– Che fai nella vita?
– Lo scrittore, ho un blog. E tu?
– Il pilota, ho lo scooter.”
(Chetetuitti, Twitter)

P.s.: Se avete voglia di giocare possiamo trovare 3 parole per voi, fatecelo sapere nei commenti.